LE DOMANDE PIù RICORRENTI

§ Dicembre 5th, 2011

Dottoressa vorrei facilitare il mio bambino nelle conquiste, evitando disagi, come devo comportarmi?
Bisognerebbe partire dall’equilibrio emotivo-affettivo del bambino, favorire il pieno sviluppo senza dimenticare le esigenze della società in cui viviamo. Oggi per essere soggetti attivi, è importante credere in se stessi, saper svolgere adeguatamente i propri compiti, avere rispetto degli altri; ma in una società come la nostra, bisogna essere competenti, forti, capaci di affrontare il cambiamento, di produrlo, senza dimenticare l’ascolto e la collaborazione.
L’essere umano ha un potenziale ricchissimo che lo orienta in detta direzione, ma esprimerlo è molto difficile, perché gli interventi educativi inadeguati, anziché stimolare la pienezza espressiva in climi empatici e rispettosi, lo bloccano, generando paure e frustrazioni.
Se ci guardiamo intorno, vediamo soggetti fragili, annoiati, frustrati e depressi. Stati d’animo che si traducono in un senso di vuoto esistenziale.
Il soggetto, quando non ha la possibilità di esprimere ciò che pensa e sente a causa di climi inadeguati, blocca la forza creativa e ripete pedissequamente quanto è espresso a livello di usi, di modi di essere, di porsi degli altri. Ne diviene una copia inconsapevole, impedendo quella costruzione personale che lo rende protagonista, libero e appagato. Non esprimersi in modo creativo e personale si traduce nel sentirsi nulla, un nulla che fa male. Il non essere coincide con il dolore, perché il soggetto ha in sé il potenziale della creatività.
Egli, molte volte, si rifugia nella droga o violenta il proprio corpo con tagli e ferite, perché il dolore psicologico diventa insopportabile, perciò sceglie quello fisico. Come dimostrano le ultime ricerche e quelle su adolescenti e droga: si prostituiscono anche i ragazzi con possibilità economiche, bravi a scuola; lo fanno per procurarsi la droga, a volte anche a dodici anni, a causa del senso di vuoto che li attanaglia.
Ricerche evidenziano che il 99% dei soggetti a disagio non crede in sé, manca, appunto, di autostima, di quella voce interiore, che, se fatta emergere fin dall’età infantile, è capace di dare vigore e di indicare la via più consona da seguire in tutte le circostanze. Diversamente, diventano confusi, dipendenti e spesso disperati. L’autostima invece, per poter emergere ha bisogno di ambienti di vita consoni, di persone di riferimento che hanno percezioni equilibrate, consapevoli della ricchezza insita in ogni essere umano e, facendo da specchio, permettono al soggetto la realizzazione e l’immagine di sé ricca e variegata.
A volte, l’incomprensione ha radici lontane, può risalire all’infanzia, periodo di massima duttilità, in cui l’adulto, prevaricando e imponendo punti di vista, diviene causa di nevrosi, di spersonalizzazione, impedendo l’affermazione e l’espressione di quel patrimonio potenziale che è fatto di autostima e d’idee nuove, capaci di favorire lo sviluppo di una personalità ricca e variegata. Così si genera il blocco della luminosità che lo vota al nuovo che, mentre si realizza, produce energia, benessere, dando stimolo alla maggiore realizzazione.
Il problema fondamentale nasce dal fraintendimento sul potenziale umano e su come intervenire per permettere che ognuno possa esprimerlo pienamente. L’essere umano è visto come portatore di tendenze atte a ferire, a fare del male, oppure come incapace di una direzione; perciò la necessità di dirigerlo, senza capire chi è, dove si trova, dove è consono per lui andare. E’ come se per l’educatore avesse senso solo la direzione, il percorso: non importa capire chi percorre, se c’è una sua natura da rispettare per condurlo, affinché il cammino sia proficuo. Chi penserebbe, ad esempio, di portare in una città un soggetto senza chiedergli se vuole andare, se si sente e se lo gradisce? Con la formazione sì. Non interessa lo stato d’animo del soggetto, se è motivato per ciò che fa, se l’esperienza è adeguata a lui, se vuole o rifiuta. Non fraintendere: ciò non è a favore del permissivismo sfrenato. La presenza dell’adulto è importantissima per tutto il cammino di sviluppo, la sua guida è irrinunciabile per la via da seguire. Il soggetto non può fare a meno delle norme, se è equilibrato, le sente e le esprime. Esse però devono dare senso per alimentare il suo bisogno di affermazione e di scoperta. Devono portarlo ad amare se stesso, ad andare con rispetto verso l’altro. In empatia.
Come psicoterapeuta, ho potuto costatare che, per aiutare le persone a superare il disagio, bisogna stimolare nuove percezioni di sé e dell’ambiente circostante. E’ necessario, altresì, eliminare i condizionamenti che hanno prodotto paure, giudizi negativi di sé o, come lo definiva Freud, un ideale dell’Io sbilanciato, non funzionale all’equilibrio, tendente a giudicare comportamenti e azioni, comunque inadeguati rispetto agli schemi di riferimento introiettati: “Hai fatto poco, devi dare di più, c’è chi fa meglio di te”, in un continuo martellare, riecheggiando gli ammonimenti delle persone che si sono presi cura di lui. L’essere umano invece, procede nello sviluppo e nell’equilibrio, compenetrandosi in ciò che sta vivendo, consapevole di essere sulla via giusta e provando soddisfazione per ciò che realizza.

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