Alcuni brani

§ Gennaio 21st, 2011

LETTERA ASIA

Professoressa,
con la seguente lettera ho “semplicemente” l’intenzione di provocarla, stupirla e farla vergognare. Ma nello stesso tempo fremo dalla voglia di sfogarmi e dire basta una volta per tutte. Ma dire basta a che cosa? Sicuramente alla sua quasi totale indifferenza, ai suoi modi scontrosi di fare, al suo ostinato orgoglio, al suo “paraocchi” che non le permette di andare oltre la sua visione della realtà, che le impedisce di ascoltare le unanimi esigenze degli alunni, dico unanime perché tutti invano le chiedono di rispettarci nella nostra individualità, di evitare di fare paragoni solo per farci sentire inferiori, di non offenderci.
Ma lei, nel momento in cui si apre un dialogo in classe, incentrato sulle cose che ho appena elencato, cerca di difendersi con la solita, stupida, banale frase che ormai è entrata a far parte del nostro normale ed abitudinario: “Non cercate di farmi perdere tempo per non fare lezione e non essere interrogati. Voi non studiate!”. E questo sa perché? Perché lei ha paura: paura di perdere la sua autorità, la sua dignità; paura di riconoscere d’aver sbagliato, e qui devo dire che va oltre l’orgoglio e si avvicina alla superbia, una superbia che le impedisce di essere umile e comprensiva, che la fa sentire superiore a tutto e a tutti, che serve, soprattutto, a creare una facciata solo ed esclusivamente per nascondere la sua debolezza.
Sì, cara professoressa, io la vedo così: la vedo come una persona debole e sola, tanto sola, incapace d’amare e d’essere amata, sconfitta perché comunque non riuscirà mai ad avere dagli altri (dagli alunni, in questo caso), i risultati che desidera. La matematica, la fisica o qualsiasi altra materia non sono di certo la base per costruire una società migliore o per aiutare il prossimo. La bontà, l’altruismo, l’umiltà e l’empatia non si sviluppano tramite un’equazione, ma mettendoli in atto, applicandoli quotidianamente. Così come le materie si apprendono attraverso spiegazioni chiare e profonde, con gli esempi e le continue esercitazioni (cosa che da noi non avviene per la fretta di finire il programma), allo stesso modo, quelli che sono i valori fondamentali e basilari della nostra esistenza devono essere coltivati, applicati, esposti. Certo, è vero che la cultura ci rende liberi ed autonomi, capaci d’intendere e di volere, di riconoscere i propri diritti e doveri; ma a ciò si deve unire anche l’insegnamento dell’amore, della lealtà, della trasparenza, dell’aiuto reciproco. Sicuramente non deve essere la scuola a farlo prima di tutti, ma deve iniziare dalla famiglia (e personalmente, posso affermare che la mia l’ha fatto); ma è pur vero che, nel momento in cui lei compare sull’uscio della porta della mia classe, provo un senso di noia, d’abbandono, di scontentezza e il mio animo si raffredda, catturato da una sensazione d’ignorarla profondamente, di farle dire tutto quello che vuole sul mio conto, perché tanto ormai, qualsiasi cosa nei suoi confronti mi sembra inutile. La vedo insignificante, a questo punto non m’interessa più niente di lei, né della sua materia, né tanto meno del voto, anzi un quattro mi darebbe una soddisfazione immensa per farla sentire maggiormente fallita.
Pensa veramente che alla fine dell’anno, ultimato il programma e trovandosi dinanzi una classe che ignora quasi totalmente gli argomenti, abbia fatto un ottimo lavoro? Si sente realizzata? Per me è tutto come se lei non fosse mai esistita, non avesse fatto nulla. E’ una nullità … Faccia lei a questo punto.
Approfitto della circostanza per salutarla cordialmente, cara mia professoressa
Asia

LETTERA GRETA

Professoressa,
un tempo scendeva il silenzio intorno a me, ero sola nella notte e nel buio. Travolta da pensieri e, ogni giorno; più debole del precedente, spesso avrei voluto piangere come un bimbo nella culla. Un errore, ogni volta più banale alimentava sconforto e pentimento, dolore che mi spingeva ad entrare nel buio e nello smarrimento. Ma con il lento trascorrere del tempo ho imparato ad osservare quel cielo che prima non vedevo, che si distende all’infinito superando lo stesso sole e le stesse nuvole, guardare oltre quell’universo di segreti che mai si crede di raggiungere per svelare i pensieri più profondi. Triste è il destino di chi si addolora, restando prigioniero del passato a causa di domande e spiegazioni che si nascondono.
Questo è quello che ho imparato: il mondo ogni giorno rinnova la sua luce! Non conosco e non riesco a pensare parole diverse da queste per esprimere quello che profondamente sento e di cui vorrei rendere partecipe anche il vento; non sono più sola, la notte e il buio si riempiono ora di sentimento e di nuovi colori.
Lei mi ha insegnato a guardare, osservando dapprima il mio volto allo specchio, poi quello altrui, logiche in cui la razionalità s’intreccia con l’irrazionalità; la paura con il senso di non appartenenza; la fiducia con la speranza; l’iniziativa con la colpa e solo la più profonda comprensione della latenza insita in tali processi, gradatamente mi ha portato ad elevare lo sguardo oltre l’apparenza formale. Mi ha insegnato a capire ed accettare gli errori con la sincerità e la sua sicurezza. Il mondo se si vuole si può cambiare, e se tutti cambiassero il piccolo pezzo che gli appartiene, magari da casa “all’ufficio”, senza nascondersi dietro ipocrisia ed invidia, potrebbero riscoprire il bello del piangere e del sorridere, come me. Tutto cambia e diviene!
La ringrazio cara professoressa, con i suoi occhi sono i più bei momenti che ho vissuto in questa scuola in una formazione integrale.
Greta

RIFLESSIONI LETTERA ASIA

Ci sono sentimenti complessi in questa lettera, che ad una prima valutazione si pongono come poco rispettosi della docente, ma sono il prodotto di una profonda delusione: la ragazza ha imparato ad interrogarsi sui veri valori della vita, ne ha capito l’importanza ed, a livello inconscio,  sente la professoressa come causa del suo disagio, anche nello studio della materia.
Intende “Provocarla, stupirla, farla vergognare” per indurla all’autocritica, per farla uscire dalla freddezza del distacco e del non ascolto, da comportamenti offensivi e screditanti; è un modo “estremo” usato dopo tentativi in cui parlare si è rivelato vano.
Soprattutto si tratta di ciò che la ragazza sente e che la professoressa con il suo comportamento ha generato. L’educatore deve capire che con il suo comportamento, empatico o distaccato, produce sentimenti nei ragazzi, espressi o meno, che possono condizionare pesantemente la loro vita, non solo quella scolastica. Da quelli che esprime in questa lettera si capisce che la ragazza va verso il rifiuto della materia e della docente, smettendo di studiare con il disagio che ne consegue, anche se non confessato.
Con la sua risposta: ”Voi non studiate, volete solo farmi perdere tempo”  la professoressa manifesta la sua sordità spirituale, esprimendo uno schema difensivo che le impedisce di ascoltare e di dare il giusto significato alle parole delle ragazze:  a prima vista, sembrerebbe facilitarla nel non mettere in discussione il proprio operato, ma non l’aiuta perché la lascia nell’insoddisfazione di un’attività che non genera frutti.
E i sentimenti espressi da questa ragazza, comuni alle altre alunne,  che aleggiano “nell’atmosfera” scolastica, anche se solo subcepiti dalla professoressa, esprimono tutto il fallimento della sua opera, dando sensazioni che, togliendo energia, non fanno migliorare il rapporto con le ragazze, producendo una spirale di malessere reciproco.
Asia, con un’analisi attenta, scopre i sentimenti profondi della professoressa, ma non placa la sua rabbia, perché il docente è un adulto di riferimento in cui l’alunno, quando stima ,s’identifica; e la rabbia della ragazza deriva, anche, dal non averne uno valido nella professoressa.

RIFLESSIONI LETTERA GRETA

La lettera analizza le sensazioni del disagio e la metamorfosi che produce il clima educativo fondato sull’accettazione e sul rispetto.
“Un tempo scendeva il silenzio intorno a me ero sola nella notte e nel buio”. E’ lo stato che vivono molti adolescenti, quando l’incomprensione degli adulti li butta nel buio della sfiducia, del non credere in se stessi, del blocco interazionale. I pensieri negativi, legati alla situazione che viveva,  rendevano la ragazza ogni giorno più debole, con la voglia di piangere come un bimbo nella culla, che con il pianto, richiamando l’attenzione degli adulti, appaga il bisogno primordiale di ricevere affetto: per avere baci ed abbracci che stimolano reazioni biochimiche le quali favoriscono la crescita fisica e lo sviluppo psichico.  L’adolescente, specie se a disagio, cerca manifestazioni per rinvigorire la fiducia in se stesso e nella realtà che lo circonda. Spesso ha comportamenti ed espressioni di cui si pente e che si traducono in sentimenti di disistima, che lo indeboliscono ulteriormente, buttandolo nella spirale della sofferenza.
Pian piano, in un clima empatico ed accettante, che esprime amore e comprensione, questa ragazza è uscita dal malessere, riaprendosi ai sentimenti di gioia.
Il nuovo stato psicologico le ha permesso di osservare un cielo che prima non vedeva fatto di spazialità e d’aperture, legate alla sensazione della liberazione. Ciò elimina le idee polarizzate frutto del malessere e della tensione: chi soffre è chiuso in sé, nel buio di alcune idee limitanti, legge il mondo in modo tetro ed ostile.
“Lei mi ha insegnato a guardare, osservando dapprima il mio volto allo specchio”;
l’umore cupo produce idee di non accettazione di sé, si soffre senza neanche vedersi.
Quando l’adolescente non si accetta, non usa le categorie del vedere, ma quelle dello schema legato alla non accettazione di sé.  Greta  ha imparato a guardarsi, a scoprire la bellezza della sua persona, non solo di quella esteriore.
Uno sguardo che poi è andato oltre l’apparenza esteriore, condizione che permette l’interazione vera con l’altro. Molte volte, fermarsi all’apparenza significa perdere di vista gli elementi fondanti del messaggio.
L’accettazione di sé e la serenità che producono permettono l’esperienza ricca di categorie percettive e cognitive, che vanno oltre l’apparenza e le difese per cogliere la genuinità dell’essere in tutte le sue manifestazioni.  Ricchezza, che appartiene a tutti, quando si crede in se stessi.
“Mi ha insegnato a capire che il mondo se si vuole, si può cambiare”.  Affermazione che racchiude una riflessione importante la quale esprime una grande speranza, in cui crediamo fermamente: il bene del mondo è nelle nostre mani, lo possiamo modificare. Non dobbiamo subire, lo possiamo cambiare partendo, innanzi tutto, da noi stessi, interrogandoci sul nostro operato e mettendolo in discussione. Solo così può iniziare il cammino della rigenerazione.
Sentimenti ed idee che la ragazza esprime in una scuola della formazione integrale, la quale non ha inteso trasmettere solo contenuti disciplinari, che pur l’hanno resa consapevole in ambito psicopedagogico. Ma di una scuola che, aprendosi alla lettura dei sentimenti dei ragazzi, agli stati emotivi, ha cercato le risposte più idonee ad appagare le loro esigenze profonde, attuando una formazione interfunzionale della personalità che coincide con la situazione di benessere che la ragazza descrive.